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L’impiego dei beta-bloccanti nel post infarto miocardico


Più del 50% delle morti nei pazienti che sopravvivono ad un infarto miocardico acuto sono dovute all’insorgenza di tachiaritmie ventricolari .
I pazienti che sopravvivono ad un episodio di tachicardia ventricolare sostenuta sono a maggior rischio di arresto cardiaco.

Il trattamento dei pazienti post-infartuati con episodi di tachicardia ventricolare non-sostenuta ( TVNS) è controverso.

Lo studio MADIT ( Multicenter Automatic Defibrillator Implantation Trial ) ha mostrato che questi pazienti potrebbero trarre beneficio dall’impianto di un defibrillatore impiantabile.

I pazienti post-infartuati asintomatici sono ad alto rischio quando presentano anche una disfunzione ventricolare sinistra , un’elevata ectopia ventricolare e variazioni nell’heart rate variability.

Alla fine degli anni ’80 si riteneva che la soppressione di qualsiasi aritmia, anche semplici extrasistolie ventricolari nei pazienti post-infartuati aumentasse la loro sopravvivenza.
Lo studio CAST ( Cardiac Arrhythmia Suppression Trial) , disegnato apposta per dimostrare questa ipotesi, fu interrotto prima del suo termine nei bracci Flecainide ed Encainide , perché si era osservato un aumento di mortalità dopo assunzione di questi due farmaci antiaritmici.

Risultati deludenti furono ottenuti poco dopo con l’antiaritmico D-Sotalolo, l’isomero destrogiro del Sotalolo , un farmaco appartenente alla classe III, ma privo di attività beta-bloccante.
Anche lo studio SWORD ( Survival With ORal D-sotalol) è stato interrotto inmmodo prematura per un aumento della mortalità nel gruppo trattato con il D-Sotalolo. In questo studio i pazienti avevano una frazione d’eiezione uguale o inferiore a 40.

Gli studi clinici condotti con l’Amiodarone, un farmaco antiaritmico di classe III, non hanno permesso di chiarire l’esatto ruolo del farmaco nel post-infarto.
Mentre lo studio BASIS ( Basel Antiarrythmic Study of Infarct Survival) ha mostrato una riduzione di mor talità totale, morte improvvisa ed aritmie minaccianti la vita dopo l’assunzione dell’Amiodarone, lo studio EMIAT ( European Myocardial Infarct Amiodarone Trial) non ha invece mostrato alcun beneficio dell’Amiodarone sulla mortalità totale, anche se si è osservata una riduzione delle morti aritmiche.
Lo studio CAMIAT ( Canadian Amiodarone Myocardial Infarction Trial) è giunto alle stesse conclusioni dell’EMIAT.

Gli unici farmaci che si sono rivelati veramente efficaci, oltre ad essere ben tollerati, sono stati i beta-bloccanti. Questi farmaci infatti hanno dimostrato di ridurre la mortalità totale, la morte improvvisa e le recidive di infarto miocardico nei pazienti post-infartuati.
I beta-bloccanti più studiati sono stati il Propranololo ed il Metoprololo. Con i beta-bloccanti si è osservata un aumento della sopravvivenza del 40% ( Gottlieb SS & McCarter RJ, Am J Cardiol 2001;87: 823-826).
Nei casi in cui il beta-bloccante è controindicato ( asma, vasculopatie periferiche) si può impiegare il Verapamil, un calcioantagonista non-diidropiridinico. Uno studio (Shlipak MG et al, Am J Med 2001; 110: 425-433) ha dimostrato che nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra inferiore al 40% l’assunzione contemporanea di Ace inibitori e di beta-bloccanti è in grado di produrre effetti addizionali. ( Xagena2001 )


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