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Sindrome di Eisenmenger e sopravvivenza a lungo termine nei pazienti con sindrome di Down e malattie cardiache congenite


La correzione chirurgica è associata a diminuzione della probabilità di sviluppare la sindrome di Eisenmenger.

Sono stati caratterizzati i pazienti con trisomia 21 ( sindrome di Down ) sulla base dei dati del Registro Nazionale tedesco per i difetti cardiaci congeniti, per identificare i cambiamenti nella disponibilità della terapia chirurgica nel tempo e analizzare l'impatto di questi cambiamenti sullo sviluppo della sindrome di Eisenmenger, così come la sopravvivenza.

Su 1.549 pazienti con sindrome di Down con malattia cardiaca congenita nel Registro Nazionale per i difetti cardiaci congeniti, 894 pazienti ( 55% donne, età media 17.5 anni ) avevano una lesione post-shunt tricuspidale ( difetto del setto atrioventricolare 69.5%, difetto del setto ventricolare 27.7%, condotto arterioso pervio 2.6% ) e sono stati inclusi nello studio.

La probabilità di essere trattati in modo interventistico o chirurgicamente prima dell'età di 1 anno è aumentata in modo significativo nel corso del tempo.

In parallelo, la probabilità di sviluppare sindrome di Eisenmenger è diminuita nel corso del tempo ( 53% coorte di nascita durante 1950-1960 vs 0.5% coorte di nascita durante 2000-2009, P minore di 0.0001 ).

La sopravvivenza globale dopo 1, 10, 20 e 40 anni è stata, rispettivamente, del 96.8%, 94.1%, 92.6% e 75.5%.

I pazienti con sindrome di Eisenmenger avevano una sopravvivenza significativamente peggiore rispetto a quelli senza questa sindrome ( hazard ratio, HR=18.1; P minore di 0.0001 ).

In conclusione, la disponibilità di correzione chirurgica è stata associata con una diminuzione della probabilità di sviluppare sindrome di Eisenmenger.
I pazienti con sindrome di Down hanno ancora ridotte prospettive di sopravvivenza rispetto alla popolazione generale, ma questo effetto è in gran parte determinato dai pazienti che sviluppano sindrome di Eisenmenger e che hanno ancora una prognosi infausta. ( Xagena2016 )

Körten M et al, Heart 2016; 102: 1552-1557

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